La famiglia Valentini vanta passati contadini da generazioni. I tempi in cui il maiale era la risorsa principale per il sostentamento invernale della famiglia, e la sua macellazione giorno di festa per tutta la famiglia, che si trovava in allegria a lavorare tra il calderone per i ciccioli e il sangiovese, hanno attraversato gli anni mantenendo la tradizione pressoché intatta nonostante l’acquisizione di competenze e mezzi all’avanguardia che garantiscono l’igiene e il benessere dell’animale..
La mora Romagnola è una razza autoctona, chiamata così per il caratteristico colore del suo pelo, per il pelo marrone scuro che tende al nero (da cui il nome di “mora”), per il particolare taglio a mandorla degli occhi e per la presenza, soprattutto nei verri, di zanne molto lunghe, tali da renderli più simili a cinghiali che non a maiali veri e propri.
Il maiale era il re della tavola in Emilia Romagna, e non solo nei tempi antichi. L’allevamento del porco era di vitale importanza nell’economia e nella cultura contadina. La “smettitura” del maiale era un rito, un’occasione di festa che coinvolgeva tutta la famiglia, ed anche i vicini di casa che venivano invitati ad aiutare nella preparazione dei salumi. L’operazione di macellazione e lavorazione delle carni durava anche diversi giorni.
Carni sapide, morbide ma compatte, alquanto grassottelle: queste le caratteristiche che contraddistinguono la Mora. Ottimi risultati si sono raggiunti utilizzandola per la produzione di salumi di pregio quali il culatello o la spalla cruda. Ma anche le tradizionali cotture casalinghe (arrosti, braciole, spiedini) bastano a esaltare i sapori e i profumi, ricchi e complessi, di questa carne “ritrovata”
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